Superfici senza geometria

Il nostro contributo all'arte di Matteo Tampone

  “Mi inabisso, esploro, indago la composizione della Materia, la sua struttura il suo fascino.”  Il designer Matteo Tampone, titolare di Mat-studio operante nel settore del design di ricerca per arredi, nonché uno dei finalisti alla edizione di Paratissima 2015 (opere esposte al Museo dell’Auto di Torino e alla Biennale di Venezia), di Operae, del premio Maestri di Eccellenza 2024 ed espositore al FuoriSalone di Milano, ci aveva cortesemente commissionato la scansione di una delle sue recenti opere di arredo, la lampada Materia 1°, esposta al Fuorisalone di Milano 2016.   

  La lampada, di grande originalità ed effetto, presenta una peculiarità data da un processo di finitura specificamente inventato dallo stesso Tampone, che consiste in una speciale ossidazione che viene aggiunta come miscela in fase di finitura su una base non ferrosa.

  Il risultato è quello di avere, dal punto di vista dell’esecuzione della scansione, una superficie assolutamente difficile da catturare, a causa della assoluta mancanza di qualsiasi geometria, come si può vedere dalle immagini sottostanti. Essa si differenzia infatti non solo dalle solite difficoltà date dalle forme organiche: tutta la superficie è un susseguirsi di cavità, fori ed asperità che rendono la vita difficile al lavoro di scansione.

L’acquisizione della nuvola di punti è stata particolarmente complessa già nella fase preliminare, ma quello che noi vogliamo sottolineare, e che rende per noi questo un vero e proprio caso di studio, resta la fase di allineamento delle viste.

Ci si rende conto infatti che: 

1) non si possono usare marcatori, poichè non si può coprire il colore della superficie in alcun punto;

2) non ci sono elementi geometricamente riconoscibili che possano fare da riferimento per l’allineamento;

3) Non si potevano mettere riferimenti esterni, in quanto la lampada era in posizione appesa e comqunque in un ambiente non referenziabile.

L’unica via rimanente resta l’uso del colore come riferimento per congiungere le viste.

Questo per far comprendere come esistono casi di scansioni dove l’unico riferimento ( per fortuna qui continuamente mutevole e quindi di aiuto alla scansione ) rimane la texture: ovviamente il software deve essere in grado di allineare le singole scansioni con l’aiuto di questo unico mezzo.

 

 

  La possibilità di acquisire tramite i colori ha quindi risolto il problema, anche se l’elaborazione finale per produrre un modello renderizzato è stata in particolar modo lunga e gravosa per la computazione. Ma il risultato si è raggiunto.

 

 

   Ma non vogliamo parlare solo di questo. Matteo è innanzitutto un amico, une delle prime persone conosciute quando deciso di intraprendere l’attività di scansioni, mi ha affiancato e condiviso con me un percorso di crescita che caratteristica tutte le attività nuove di freelancing. Egli è un grafico, un creativo a tutto tondo con, diciamolo pure, fin troppa inventiva, con un’energia che si dirama in mille direzioni. Ed è proprio uno di questi canali energetici che lo spinge nella direzione di fare arte. Ma non solo: fare arte con nuovi materiali, inediti, frutto di studio, di ore passate in laboratorio, e soprattutto osservazione della realtà della natura. Da qui parte il discorso delle Ossidazioni.

In questo suo processo (di cui non sveliamo nulla, al massimo sarà lui a parlarne per chi è interessato),le superfici vengono trattate con ossidi ferrosi fino a cambiarne solo il colore, ma anche l’aspetto superficiale fino ad una vera e propria modifica della geometria. Il risultato finale è una non-geometria, una pelle che diventa solida e, tra virgolette, consumata. Ecco che allora, come tutte le sorprese che si rivelano allo stesso autore dell’opera, il risultato supera le aspettative: l’oggetto appare come un reperto, l’ossidazione ha prepotentemente accelerato il fluire del tempo ed è come se ci trovassimo di fronte ad un ritrovamento di manufatti emersi da un passato indefinibile: da qui l’ispirazione e l’idea della serie Reperti.

 

 

Una mano esce dal muro con tutto il suo strato di sofferenza, una ex vita che, come un nuovo ritrovamento pompeiano, ci svela un episodio di un passato che non conosciamo. C’era un mondo ignoto che abbiamo murato, di cui resta solo una bellezza cromatica continuamente cangiante, ma che regala ancora oggi un senso di appartenenza e di continuità dell’operare umano.

 

 

L’ultimo progetto, esposto per mesi in un rinnovato palazzo del centro di Torino e già reduce dall’esposizione al Fuorisalone di Milano, ha fatto compiere un balzo in avanti: non solo reperti di varia forma e dimensione (vasi, coppe, anelli e superfici specchianti) ma un vero e proprio fondale marino (da qui il nome della collezione Abissi) in cui il passato si è bloccato e che il nostro ha saputo recuperare e trasmetterci.

Grazie Matteo, continua nella tua visione nel recupero di un passato mai morto, e incanala la tua energia in nuove direzioni. Ti aspettiamo.